11 ottobre 2019 – Il Secolo XIX
Freddo, pioggia e cinghiali: strage di uva. «Ma il vino della riviera sarà di qualità»
La Spezia – Maggio mese delle rose? Per l’uva, mese delle spine, perché la vigna è venuta a soffrire, a causa di la pioggia e freddo, nel momento del germoglio e della fioritura.
La negativa congiuntura si è ripercossa sulla produzione, che ha subito un calo dal 10 al 15%. «Una flessione tuttavia accettabile – spiega il presidente della Coop Agricoltura Cinque Terre, Matteo Bonanini – in quanto compensata dalla qualità del prodotto. Non possiamo sperare di ripetere con frequenza le annate straordinarie tipo la 2018, però tutto sommato ci sentiamo soddisfatti. Il buon andamento meteo dell’estate ha posto congruo rimedio. La qualità del vino è buona». Lo scorso anno, le uve conferite dai soci alla Cantina (le bianche Albarola, Bosco e Vermentino) raggiunsero i 2. 400 quintali. Quest’anno si fermano a 1.800, così suddivise: uve poste ad appassire per lo Sciacchetrà 60 quintali; uve per gli speciali cru: 70 qt dalla Costa da Posa di Volastra; 50 qt dalla Costa de Campu di Manarola; 32 qt dalla Costa de Sèra di Riomaggiore. Ci sono poi 45 qt di uve bianche destinate al Vigne alte (quota intorno a 400 metri) e altri 45 qt per il vino Pergole sparse, fatto col metodo antico della fermentazione con bucce.
Il maggior socio fornitore proviene, come al solito, da Volastra, portando 100 quintali d’uva. Il più modesto è una forestiera approdata a Manarola, che conferisce 80 chili di grappoli. Tra le Aziende che vinificano in proprio troviamo quella del giovane Alessandro Crovara di Manarola, che da una dozzina d’anni rimette in efficienza terre incolte e reimpianta vitigni. Sono fasce terrazzate in parte proprie ed in parte prese in comodato d’uso gratuito da paesani anziani. Tremilaseicento litri di bianco secco hanno riempito le botti della Cantina Crovara. Non ha messo invece a stendere uve per lo Sciacchetrà, avendone ancora in riserva 80 litri.
A Vernazza troviamo Cheo: Bartolo Lercari e la moglie Lise (danese), entrambi docenti universitari in pensione dediti alla viticoltura. L’avversa congiuntura a maggio ha infierito sulla loro vigna, con perdite del 30%. «Nella maturazione, però, s’è affinata la qualità, tanto che il Bosco – osservano – ha battuto il Vermentino». Storico vignaiuolo è Walter De Battè da Riomaggiore, che con l’azienda Prima Terra cura vigneti alle Cinque Terre e ne gestisce altri in diversa area geografica, ad esempio a Montaretto di Bonassola. Pure la sua vendemmia in loco evidenzia il calo produttivo dovuto al maggio fresco e piovoso e poi al caldo torrido a giugno. «Perché non è l’abituale clima mediterraneo – spiega l’esperto – e la pianta si blocca».
All’avversa congiuntura meteo non si sottrae la vallata di Levanto. Giancarlo Bettinotti, presidente della locale Coop Agricoltori, denuncia un calo del 10% delle uve. L’anno scorso la produzione è stata di circa 500 quintali, quest’anno è scesa a 440. Settanta qt d’uve formeranno un Vermentino in purezza. Oltre i ben collaudati Legnà e Canuè ci sono poi gli equivalenti dello Sciacchetrà: i Passiti bianco e rosso. Non ci si è messo solo il meteo a frenare la produzione, vi hanno contribuito pure i selvatici, cinghiali in testa. E proprio sul fronte levantese si è registrato il danno maggiore. A patirlo sono state le aziende di Stefano Bovone e di Marco Bagnasco. I vigneti di Bovone occupano un’area collinare fra l’Amandola e il Monticello, alle spalle dell’Ospedale; quelli di Bagnasco si affacciano sul mare sotto la Giada del Mesco. Modeste produzioni, ma di qualità. Bovone, in un vigneto di Vermentino non ha salvato un grappolo, tutti divorati dai cinghiali: 5 qt d’uva perduti; nell’altro l’incursione è stata meno devastante. Lui potrà comunque consolarsi con un bianco secco di 13 gradi. «Eroi come sempre, ci siamo difesi. Però…», gli fa eco Marco Bagnasco spiegando che è difficile montare la guardia a tutti i recinti anti-cinghiale: «Se c’è una falla, devi subito tapparla. Varie volte sono corso ai ripari. Ma non mi salvo dai fagiani, immessi a decine alla vigilia dell’apertura della caccia. Gli intrusi pare gradiscano particolarmente i chicchi di Sirah. Sono vitigni impiantati sopra la scogliera. Il vino è in cantina, rosso di 15 gradi non ancora commercializzato ma, a quanto pare, con blasonata tradizione. Veronelli e Gianni Brera, passati di qui, dicevano che il Mesco è famoso per i vini rossi».